Oro e lustri
I lustri metallici derivano da una tecnica Scandinava e sono colori speciali che permettono di ottenere riflessi iridescenti sulle porcellane.
I lustri sono stati scoperti in tempi non lontani e rappresentano una validissima alternativa all'utilizzo dell'oro e di altri materiali preziosi.
Consentono di realizzare effetti luminosi che ravvivano anche i decori eseguiti con le tecniche tradizionali.
Data la loro delicatezza, comune all'oro e agli altri metalli liquidi, i lustri richiedono temperature di cottura più basse: 750/815°C ed in forni provvisti di sfiatatoio per favorire l'evaporazione della componente liquida.
I modi di applicazioni di oro e lustri metallici liquidi sono a pennello, con un pennello a setole morbide o aerografo tirando bene il colore, perchè una stesura grossolana provoca la comparsa di antiestetiche macchie durante la cottura. Le eventuali sbavature si correggono con la gomma per oro oppure con un cotton-fioc imbevuto di antiruggine.
I pezzi da decorare devono essere ben puliti e senza tracce di umidità. Normalmente gli ori e i lustri sono liquidi con l'aspetto di lacca e contengono come componente essenziale metalli in forma disciolta.
L'applicazione si fa sempre su oggetti smaltati e già cotti.
L'oro platino e alcuni lustri come il rame ed il bronzo non necessitano di essere diluiti. Il pennello deve essere carico in modo giusto, cioè ne troppo poco ne troppo, e si deve ottenere un'applicazione in strato uniforme e sottile. Una pellicola troppo spessa porta il prodotto a bruciatura o ad opacizzazione durante la cottura.
Prima della cottura gli oggetti devono essere lasciati ad essiccare per alcune ore in locali caldi e senza polvere.
domenica 19 febbraio 2012
Parere degli esperti
Annamaria Degasperi: ... e la porcellana si colora
Dello storico dell'arte ed esperto dott. Ezio Chini sulla pittura al "Terzo Fuoco"
Le porcellane dipinte di Anna Maria Degasperi offrono l’occasione, non molto frequente, di un piacevole incontro con una forma d’arte di antichissime origini e che oggi sembra conoscere una nuova fortuna.
Nei lavori che possiamo ammirare in questa mostra la superficie candida e levigata dei piatti e dei vasi si anima di immagini di fiori e di frutti dal colore intenso e al contempo delicato, con preziose trasparenze ed effetti di sfumato che vengono ottenuti grazie a successive stesure di strati di materia pittorica, ciascuno dei quali è fissato da cotture in un forno speciale a circa 800 gradi.
Perizia artigianale e fantasia creativa si fondono così con spontaneità nei lavori dell’artista, soprattutto in quelli realizzati con la prediletta tecnica dell’”obietto”, la quale le consente di operare con una eleganza e una scioltezza che ricordano le porcellane dipinte del Settecento ossia dell’età d’oro di questo genere d’arte.
Ormai da più di due decenni Anna Maria Degasperi si dedica per puro diletto alla decorazione delle porcellane ed ha già presentato le sue opere in varie occasioni. La selezione degli oggetti esposti si concentra soprattutto sugli ultimi due anni, mentre le poche eccezioni portano la data del 1998: il vaso dorato e decorato a “lustri”, con i pesci, ed il piatto che lo accompagna mostrano una sapienza tecnica e un senso decorativo vicini allo stile Liberty; giustamente nel 1999 ebbero una menzione d’onore al concorso Città di Nova Milanese. Anche nella Farfalla in un paesaggio si apprezza un’elaborata ricerca espressiva giocata su una suggestiva stilizzazione del dato naturale.
Diverso è invece il linguaggio formale nei lavori -ma bisognerebbe chiamarli ‘divertimenti’ per la passione che l’autrice vi investe e per la gioia rasserenante che ne ricava- di questi ultimi due o tre anni. Fra essi piace segnalare almeno la serie di vasi con fiori (i grandi girasoli, gli esuberanti papaveri californiani, i delicati iris), i due piatti più grandi -uno con le peonie e altri fiori, l’altro con una fantasia di zucche- e infine il pannello a piastrelle su cui si diffonde, sinuosa, la pianta fiorita del Lilium.
Rivelano tutti questi ‘divertimenti’ un approccio spontaneo alla natura che si traduce in stesure di colore sciolte e dolci e in una struttura disegnativa che felicemente evita, grazie ad una pittura di macchia e di tocco, gli indugi calligrafici e le rigidità convenzionali che talvolta caratterizzano la moderna decorazione della porcellana.
dott. Ezio Chini
Annamaria Degasperi: pittura su porcellana al "Terzo Fuoco"
del critico d'arte dott. Mario Cossali
Anna Maria Degasperi ha trovato la misura del suo equilibrio creativo nella pittura in porcellana, dove il ritmo compositivo nasce e si sviluppa da una profonda, intima intesa con il materiale stesso e con le sue trasformazioni.
C’è nella sua ricerca, attenta e colta, la disponibilità verso una maniera classicheggiante, mai priva di eleganza e nitore, come il desiderio di inventare forme nuove e imprevedibili a partire dal grande scrigno delle antiche e spesso ignorate tecniche di cottura.
dott. Mario Cossali
Annamaria Degasperi: alla scoperta di sé viaggiando nella terra e nel colore
Del critico d'arte dott. Mario Cossali sulle opere con la tecnica della "Cuerda Seca"
Ho già scritto tempo fa che “Anna Maria Degasperi insegue con la sua cuerda seca le fantasie meno prevedibili del colore, lo esalta proprio mentre lo contiene”. Ma, detto questo, è necessario sottolineare nelle sue ceramiche non solo l’esaltazione del colore, fatto per dir così prigioniero, circondato, ma anche le caratteristiche proprie, originali, della ricerca del pigmento. Ci troviamo di fronte certo ad una tecnica artigianale sapiente, ma ancor più di fronte ad una ispirazione poetica che avverte la presenza del colore come preziosa occasione di rispecchiamento sentimentale, esistenziale. La cuerda è esigente, ma libera la composizione da ogni eccesso di intimismo e sigilla tutti i caratteri strutturali del lavoro con la terra. E’ evidente peraltro che è molto più difficile, più impegnativo tecnicamente e linguisticamente, muoversi in questo senso nel territorio della terracotta e della ceramica piuttosto che in quello della pittura, i condizionamenti della materia sono qui più stringenti, più ingombranti. Se a questi condizionamenti della lavorazione della terra e della ceramica aggiungiamo anche quelli della antica tecnica abbracciata con entusiasmo da Anna Maria Degasperi ci possiamo rendere conto del valore espressivo dei risultati raggiunti. Si tratta di una tecnica che permette, con l'utilizzo di smalti ceramici impastati con acqua e arginati da un sottile tratto di manganese, di ottenere, dopo la cottura che avviene a temperature di circa 940 °C, zone colorate dall’effetto a rilievo. La tecnica della cuerda seca fu introdotta in Spagna dagli arabi nel XV secolo, anche se furono i vasai ed i piastrellisti di Siviglia, che la adottarono nel XV secolo, a farla conoscere al mondo occidentale. Essa rappresenta un modo particolare di utilizzare gli smalti colorati su biscotto. Dapprima si traccia con pennello il segno su piatti, mattonelle, vasi… ed in seguito le superfici così delimitate vengono riempite con smalti colorati mediante pennello o, come più recentemente avviene, con pipetta.
Anna Maria Degasperi ci consegna oggi le più intriganti e seducenti visioni del suo viaggio: dentro la terra e dentro i colori contornati dalla cuerda seca ha cercato sé stessa e ci invita con gentile sguardo a fare altrettanto.
dott. Mario Cossali
Dello storico dell'arte ed esperto dott. Ezio Chini sulla pittura al "Terzo Fuoco"
Le porcellane dipinte di Anna Maria Degasperi offrono l’occasione, non molto frequente, di un piacevole incontro con una forma d’arte di antichissime origini e che oggi sembra conoscere una nuova fortuna.
Nei lavori che possiamo ammirare in questa mostra la superficie candida e levigata dei piatti e dei vasi si anima di immagini di fiori e di frutti dal colore intenso e al contempo delicato, con preziose trasparenze ed effetti di sfumato che vengono ottenuti grazie a successive stesure di strati di materia pittorica, ciascuno dei quali è fissato da cotture in un forno speciale a circa 800 gradi.
Perizia artigianale e fantasia creativa si fondono così con spontaneità nei lavori dell’artista, soprattutto in quelli realizzati con la prediletta tecnica dell’”obietto”, la quale le consente di operare con una eleganza e una scioltezza che ricordano le porcellane dipinte del Settecento ossia dell’età d’oro di questo genere d’arte.
Ormai da più di due decenni Anna Maria Degasperi si dedica per puro diletto alla decorazione delle porcellane ed ha già presentato le sue opere in varie occasioni. La selezione degli oggetti esposti si concentra soprattutto sugli ultimi due anni, mentre le poche eccezioni portano la data del 1998: il vaso dorato e decorato a “lustri”, con i pesci, ed il piatto che lo accompagna mostrano una sapienza tecnica e un senso decorativo vicini allo stile Liberty; giustamente nel 1999 ebbero una menzione d’onore al concorso Città di Nova Milanese. Anche nella Farfalla in un paesaggio si apprezza un’elaborata ricerca espressiva giocata su una suggestiva stilizzazione del dato naturale.
Diverso è invece il linguaggio formale nei lavori -ma bisognerebbe chiamarli ‘divertimenti’ per la passione che l’autrice vi investe e per la gioia rasserenante che ne ricava- di questi ultimi due o tre anni. Fra essi piace segnalare almeno la serie di vasi con fiori (i grandi girasoli, gli esuberanti papaveri californiani, i delicati iris), i due piatti più grandi -uno con le peonie e altri fiori, l’altro con una fantasia di zucche- e infine il pannello a piastrelle su cui si diffonde, sinuosa, la pianta fiorita del Lilium.
Rivelano tutti questi ‘divertimenti’ un approccio spontaneo alla natura che si traduce in stesure di colore sciolte e dolci e in una struttura disegnativa che felicemente evita, grazie ad una pittura di macchia e di tocco, gli indugi calligrafici e le rigidità convenzionali che talvolta caratterizzano la moderna decorazione della porcellana.
dott. Ezio Chini
Annamaria Degasperi: pittura su porcellana al "Terzo Fuoco"
del critico d'arte dott. Mario Cossali
Anna Maria Degasperi ha trovato la misura del suo equilibrio creativo nella pittura in porcellana, dove il ritmo compositivo nasce e si sviluppa da una profonda, intima intesa con il materiale stesso e con le sue trasformazioni.
C’è nella sua ricerca, attenta e colta, la disponibilità verso una maniera classicheggiante, mai priva di eleganza e nitore, come il desiderio di inventare forme nuove e imprevedibili a partire dal grande scrigno delle antiche e spesso ignorate tecniche di cottura.
dott. Mario Cossali
Annamaria Degasperi: alla scoperta di sé viaggiando nella terra e nel colore
Del critico d'arte dott. Mario Cossali sulle opere con la tecnica della "Cuerda Seca"
Ho già scritto tempo fa che “Anna Maria Degasperi insegue con la sua cuerda seca le fantasie meno prevedibili del colore, lo esalta proprio mentre lo contiene”. Ma, detto questo, è necessario sottolineare nelle sue ceramiche non solo l’esaltazione del colore, fatto per dir così prigioniero, circondato, ma anche le caratteristiche proprie, originali, della ricerca del pigmento. Ci troviamo di fronte certo ad una tecnica artigianale sapiente, ma ancor più di fronte ad una ispirazione poetica che avverte la presenza del colore come preziosa occasione di rispecchiamento sentimentale, esistenziale. La cuerda è esigente, ma libera la composizione da ogni eccesso di intimismo e sigilla tutti i caratteri strutturali del lavoro con la terra. E’ evidente peraltro che è molto più difficile, più impegnativo tecnicamente e linguisticamente, muoversi in questo senso nel territorio della terracotta e della ceramica piuttosto che in quello della pittura, i condizionamenti della materia sono qui più stringenti, più ingombranti. Se a questi condizionamenti della lavorazione della terra e della ceramica aggiungiamo anche quelli della antica tecnica abbracciata con entusiasmo da Anna Maria Degasperi ci possiamo rendere conto del valore espressivo dei risultati raggiunti. Si tratta di una tecnica che permette, con l'utilizzo di smalti ceramici impastati con acqua e arginati da un sottile tratto di manganese, di ottenere, dopo la cottura che avviene a temperature di circa 940 °C, zone colorate dall’effetto a rilievo. La tecnica della cuerda seca fu introdotta in Spagna dagli arabi nel XV secolo, anche se furono i vasai ed i piastrellisti di Siviglia, che la adottarono nel XV secolo, a farla conoscere al mondo occidentale. Essa rappresenta un modo particolare di utilizzare gli smalti colorati su biscotto. Dapprima si traccia con pennello il segno su piatti, mattonelle, vasi… ed in seguito le superfici così delimitate vengono riempite con smalti colorati mediante pennello o, come più recentemente avviene, con pipetta.
Anna Maria Degasperi ci consegna oggi le più intriganti e seducenti visioni del suo viaggio: dentro la terra e dentro i colori contornati dalla cuerda seca ha cercato sé stessa e ci invita con gentile sguardo a fare altrettanto.
dott. Mario Cossali
La tecnica
LA PITTURA SULLA PORCELLANA
CON LA TECNICA DEL
“TERZO FUOCO” O “PICCOLO FUOCO”
Introduzione
La sensibilità individuale al colore è una delle prime reazioni che, da bambini, ci collegano al mondo circostante.
Il colore è, in fondo, il filo conduttore che ci prende per mano da piccoli e che ci accompagna per tutta la vita. E' così che si parla di colore preferito da ciascuno di noi, e che nascono e crescono teorie sui colori capaci di influenzare positivamente o negativamente la psiche.
Al colore fanno attenzione gli architetti nel costruire o riadattare ambienti e gli psicanalisti quando vogliono spiegare i sogni profondi d'ognuno.
E poi c'è una magia del colore che affascina in modo diverso ognuno di noi e che sprigiona nel profondo della nostra personalità reazioni dissimili, ed energie dal ritmo di volta in volta diverso. Per un artista poi, ancor più, il colore è mezzo espressivo e strumento di lavoro.
Sulla porcellana, dalla composizione lucida e traslucente, il colore si rafforza e allo stesso tempo contrasta con lo sfondo e con gli altri colori e subisce inoltre il processo di cottura; è quindi importante conoscere bene resa e modo d'impiego di tutte le tonalità al fine di ottenere esattamente il risultato sperato.
Esistono colori primari (giallo, blu, rosso) che si usano puri, oppure per creare infinite altre tonalità mescolandoli tra loro sfumandoli uno nell'altro.
E' importante ricordare però che in pittura su porcellana spesso non tutti i colori, se miscelati con altri, cotti conservano la stessa intensità, anzi, ve ne sono alcuni che si sbiadiscono molto se erroneamente miscelati.
Qualora vogliate usare colori di diverse marche abbiate l’accortezza di fare una prova e cuocere la porcellana di prova mescolando le medesime tinte che desiderate poi utilizzare per il lavoro definitivo.
La tecnica
La prima Porcellana, materiale particolare e segreto di origine cinese (è un composto ottenuto con un impasto di caolino, feldspati e quarzo), fu fabbricata e prodotta durante la dinastia Sui (581-617 d.C.), e in seguito si diffuse largamente in tutta Europa. Qui la tecnica si è notevolmente trasformata, subendo consistenti impulsi innovativi e raggiungendo altissimi livelli di perfezione e raffinatezza, ma senza mai scoprire completamente alcuni dei segreti più antichi di questa forma d’arte.
La pittura a terzo fuoco o piccolo fuoco è una cottura a bassa temperatura (fra i 700 e gli 800 °C) perché i colori usati sono più fusibili di quelli di altre tecniche.
Si realizza con una terza cottura (dopo la biscottatura e la vetrinatura dell'oggetto) ed è sorta nel Settecento come complemento per ritoccare ed in alcuni casi anche per decorare su smalto già cotto. Nel Novecento si è diffusa enormemente soprattutto a livello dilettantesco, poiché si è trovato conveniente acquistare manufatti industriali porcellanati o maiolicati già pronti, sulla cui superficie si può direttamente decorare.
I colori da terzo fuoco sono facilmente reperibili in qualsiasi colorificio. Gli ingredienti sono pigmenti colorati che vengono stemperati accuratamente con essenza grassa (il cui compito è quello di farla aderire alla smaltatura dell'oggetto) e essenza di lavanda o trementina per diluirne la consistenza.
La pittura e la decorazione su porcellana chiamata "Terzo fuoco" consiste nell'utilizzo di colori in polvere, a base di ossidi e fondenti in proporzioni variabili a secondo del tipo di colore che vengono amalgamati e resi fluidi con l'aggiunta di essenza grassa e trementina o, altro medium in base al tipo di tecnica utilizzata.
Dopo che il pezzo è stato decorato (con pennello, pennino e tampone) viene cotto in forno ad una temperatura compresa tra 750 e 800° C, è questa la terza volta che l'oggetto dalla sua creazione va in forno ecco perchè viene detto "terzo fuoco".
La pittura al terzo fuoco è così chiamata perché l'oggetto su cui si dipinge è già invetriato e sottoposto a due precedenti cotture: la prima per essiccamento, la seconda per smaltarli e la terza appunto, per decorarli.
I colori utilizzati sono in polvere e impastati con diverse sostanze, a seconda della tecnica.
Tutte le fasi di pittura, impasto, decoro e cottura sono delicate e solo un buon equilibrio tra esse permette di ottenere quei risultati soddisfacenti.
Questo termine era inizialmente destinato a descrivere un ciclo termico condotto a una temperatura massima non superiore a 800°C. La definizione di terzo fuoco era originata dal fatto che gli oggetti ceramici avevano già subito una prima cottura del corpo ceramico e una seconda cottura dello strato di smalto. Il terzo fuoco era destinato, quindi, alla cottura delle decorazioni finali nella produzione di vasellame, stoviglie e, più recentemente, delle piastrelle ceramiche.
Il terzo fuoco è l’ultima fase che determina la finitura dell’oggetto cotto in precedenza: dopo la smaltatura o la cristallinatura l’oggetto si può decorare e ricuocere (III fuoco).
Tale tecnica consiste nell'utilizzo di colori in polvere di origine minerale che vengono amalgamati e resi fluidi con l'aggiunta di essenza di olio molle (vaselina e olio di garofano) o altre essenze specifiche.
Con l'alta temperatura i minerali contenuti nei colori si fondono e penetrano nel rivestimento vetroso della porcellana (chiamato "cristallina") rendendo così la decorazione permanente e resistente.
Tecnica americana: decorazione dell’oggetto con l’uso dei pennelli e del “dito mignolo”. Quest’ultimo è il miglior strumento per sfumare e armonizzare il colore.
Tecnica del pennino: ricalco del soggetto e definizione del medesimo con il colore steso a pennino, uso dei vari tipi di oro (zecchino, lucido, platino).
Tecnica delle finte pietre: rifacimento delle varie pietre (marmi, malachite, lapislazzuli, radica), con l’uso di spugnette, scroller, etc.
Tecnica classica: rifacimento degli antichi oggetti dell’800 su disegni Meissen; con uso degli spolverini e pennelli.
Consigli utili
Il disegno viene abbozzato con una matita grassa apposita con la quale è possibile scrivere sulla porcellana, oppure più semplicemente può essere utilizzata una carta da ricalco o tramite spolvero con grafite su carta da lucido precedentemente forellata lungo tracciati che rappresentano schematicamente il disegno.
Per la tracciatura, per la scrittura, o per il delineo si utilizza il pennino. Il colore impiegato per scrivere con il pennino viene impastato con l’olio da delineo appositamente preparato per avere uno scorrimento omogeneo e regolare con un’asciugatura veloce.
Per gli sfondi e tamponature in genere si diluisce il colore con “medium universale” con l’aggiunta di essenza di lavanda.
L’essenza di lavanda è ottima anche come diluente per l’oro ed i colori rosa e viola, contenenti una certa percentuale di oro.
Per la pulizia dei pennini, dei pennelli e gli strumenti utilizzati si fa uso delle essenze di agrumi, trementina, ecc…
Copiare non è un esercizio fine a se stesso, bensì una buona scuola: solo dopo aver imparato dai grandi maestri del passato si può pensare di creare qualcosa ex novo.
BUON LAVORO A TUTTI
CON LA TECNICA DEL
“TERZO FUOCO” O “PICCOLO FUOCO”
Introduzione
La sensibilità individuale al colore è una delle prime reazioni che, da bambini, ci collegano al mondo circostante.
Il colore è, in fondo, il filo conduttore che ci prende per mano da piccoli e che ci accompagna per tutta la vita. E' così che si parla di colore preferito da ciascuno di noi, e che nascono e crescono teorie sui colori capaci di influenzare positivamente o negativamente la psiche.
Al colore fanno attenzione gli architetti nel costruire o riadattare ambienti e gli psicanalisti quando vogliono spiegare i sogni profondi d'ognuno.
E poi c'è una magia del colore che affascina in modo diverso ognuno di noi e che sprigiona nel profondo della nostra personalità reazioni dissimili, ed energie dal ritmo di volta in volta diverso. Per un artista poi, ancor più, il colore è mezzo espressivo e strumento di lavoro.
Sulla porcellana, dalla composizione lucida e traslucente, il colore si rafforza e allo stesso tempo contrasta con lo sfondo e con gli altri colori e subisce inoltre il processo di cottura; è quindi importante conoscere bene resa e modo d'impiego di tutte le tonalità al fine di ottenere esattamente il risultato sperato.
Esistono colori primari (giallo, blu, rosso) che si usano puri, oppure per creare infinite altre tonalità mescolandoli tra loro sfumandoli uno nell'altro.
E' importante ricordare però che in pittura su porcellana spesso non tutti i colori, se miscelati con altri, cotti conservano la stessa intensità, anzi, ve ne sono alcuni che si sbiadiscono molto se erroneamente miscelati.
Qualora vogliate usare colori di diverse marche abbiate l’accortezza di fare una prova e cuocere la porcellana di prova mescolando le medesime tinte che desiderate poi utilizzare per il lavoro definitivo.
La tecnica
La prima Porcellana, materiale particolare e segreto di origine cinese (è un composto ottenuto con un impasto di caolino, feldspati e quarzo), fu fabbricata e prodotta durante la dinastia Sui (581-617 d.C.), e in seguito si diffuse largamente in tutta Europa. Qui la tecnica si è notevolmente trasformata, subendo consistenti impulsi innovativi e raggiungendo altissimi livelli di perfezione e raffinatezza, ma senza mai scoprire completamente alcuni dei segreti più antichi di questa forma d’arte.
La pittura a terzo fuoco o piccolo fuoco è una cottura a bassa temperatura (fra i 700 e gli 800 °C) perché i colori usati sono più fusibili di quelli di altre tecniche.
Si realizza con una terza cottura (dopo la biscottatura e la vetrinatura dell'oggetto) ed è sorta nel Settecento come complemento per ritoccare ed in alcuni casi anche per decorare su smalto già cotto. Nel Novecento si è diffusa enormemente soprattutto a livello dilettantesco, poiché si è trovato conveniente acquistare manufatti industriali porcellanati o maiolicati già pronti, sulla cui superficie si può direttamente decorare.
I colori da terzo fuoco sono facilmente reperibili in qualsiasi colorificio. Gli ingredienti sono pigmenti colorati che vengono stemperati accuratamente con essenza grassa (il cui compito è quello di farla aderire alla smaltatura dell'oggetto) e essenza di lavanda o trementina per diluirne la consistenza.
La pittura e la decorazione su porcellana chiamata "Terzo fuoco" consiste nell'utilizzo di colori in polvere, a base di ossidi e fondenti in proporzioni variabili a secondo del tipo di colore che vengono amalgamati e resi fluidi con l'aggiunta di essenza grassa e trementina o, altro medium in base al tipo di tecnica utilizzata.
Dopo che il pezzo è stato decorato (con pennello, pennino e tampone) viene cotto in forno ad una temperatura compresa tra 750 e 800° C, è questa la terza volta che l'oggetto dalla sua creazione va in forno ecco perchè viene detto "terzo fuoco".
La pittura al terzo fuoco è così chiamata perché l'oggetto su cui si dipinge è già invetriato e sottoposto a due precedenti cotture: la prima per essiccamento, la seconda per smaltarli e la terza appunto, per decorarli.
I colori utilizzati sono in polvere e impastati con diverse sostanze, a seconda della tecnica.
Tutte le fasi di pittura, impasto, decoro e cottura sono delicate e solo un buon equilibrio tra esse permette di ottenere quei risultati soddisfacenti.
Questo termine era inizialmente destinato a descrivere un ciclo termico condotto a una temperatura massima non superiore a 800°C. La definizione di terzo fuoco era originata dal fatto che gli oggetti ceramici avevano già subito una prima cottura del corpo ceramico e una seconda cottura dello strato di smalto. Il terzo fuoco era destinato, quindi, alla cottura delle decorazioni finali nella produzione di vasellame, stoviglie e, più recentemente, delle piastrelle ceramiche.
Il terzo fuoco è l’ultima fase che determina la finitura dell’oggetto cotto in precedenza: dopo la smaltatura o la cristallinatura l’oggetto si può decorare e ricuocere (III fuoco).
Tale tecnica consiste nell'utilizzo di colori in polvere di origine minerale che vengono amalgamati e resi fluidi con l'aggiunta di essenza di olio molle (vaselina e olio di garofano) o altre essenze specifiche.
Con l'alta temperatura i minerali contenuti nei colori si fondono e penetrano nel rivestimento vetroso della porcellana (chiamato "cristallina") rendendo così la decorazione permanente e resistente.
Tecnica americana: decorazione dell’oggetto con l’uso dei pennelli e del “dito mignolo”. Quest’ultimo è il miglior strumento per sfumare e armonizzare il colore.
Tecnica del pennino: ricalco del soggetto e definizione del medesimo con il colore steso a pennino, uso dei vari tipi di oro (zecchino, lucido, platino).
Tecnica delle finte pietre: rifacimento delle varie pietre (marmi, malachite, lapislazzuli, radica), con l’uso di spugnette, scroller, etc.
Tecnica classica: rifacimento degli antichi oggetti dell’800 su disegni Meissen; con uso degli spolverini e pennelli.
Consigli utili
Il disegno viene abbozzato con una matita grassa apposita con la quale è possibile scrivere sulla porcellana, oppure più semplicemente può essere utilizzata una carta da ricalco o tramite spolvero con grafite su carta da lucido precedentemente forellata lungo tracciati che rappresentano schematicamente il disegno.
Per la tracciatura, per la scrittura, o per il delineo si utilizza il pennino. Il colore impiegato per scrivere con il pennino viene impastato con l’olio da delineo appositamente preparato per avere uno scorrimento omogeneo e regolare con un’asciugatura veloce.
Per gli sfondi e tamponature in genere si diluisce il colore con “medium universale” con l’aggiunta di essenza di lavanda.
L’essenza di lavanda è ottima anche come diluente per l’oro ed i colori rosa e viola, contenenti una certa percentuale di oro.
Per la pulizia dei pennini, dei pennelli e gli strumenti utilizzati si fa uso delle essenze di agrumi, trementina, ecc…
Copiare non è un esercizio fine a se stesso, bensì una buona scuola: solo dopo aver imparato dai grandi maestri del passato si può pensare di creare qualcosa ex novo.
BUON LAVORO A TUTTI
Le mostre
Principali Mostre:
1998 Personale ".... e la porcellana si colora" Studio d'Arte Andromeda, Trento
1999 Menzione d'onore "Arti del fuoco" Premio Città Nova, Milano
2000 Personale "Insieme" Aldeno (TN)
2001 "Arti Antiche al Castello" Castello di Avio (TN)
2005 Personale IGF Eventi, Aldeno (TN)
2007 Personale "Pittura su porcellana", Nogaredo (TN)
2008 Personale "Cuerda Seca con smalti su terracotta", Nogaredo (TN)
2010 Personale "Dentro la terra e dentro i colori", Aldeno (TN
2011 Personale "Insieme" Pergine (TN)
2012 Personale in Piazza Garibaldi a Cervia, sala Artemedia
2015 Personale in Piazza Garibaldi a Cervia, sala Artemedia
La Tecnica della "CUERDA SECA" - SMALTI
TECNICA CUERDA SECA
DESCRIZIONE DELLA TECNICA
SMALTI SU TERRACOTTA
DESCRIZIONE DELLA TECNICA
Una tecnica molto particolare che permette, con l'utilizzo di smalti ceramici impastati con acqua e arginati da un sottile tratto di manganese, di ottenere, dopo la cottura che avviene a temperature di circa 940 °C, splendide zone colorate dall’effetto a rilievo.
La tecnica della cuerda seca fu introdotta in Spagna dagli arabi nel XV secolo, sebbene furono poi i vasai ed i piastrellisti di Siviglia, che lo adottarono nel XV
Il decoro anticamente aveva forme semplici, a causa della oggettiva difficoltà a “disegnare” con lo spago (vedi nota storica), e un numero assai limitato di colori.
La tecnica della Cuerda sfrutta la proprietà dell'ossido di manganese per arginare gli smalti stanniferi , bianchi o colorati o la vetrina piombifera, evitando che questi si spandano in cottura. Si lavora sul grezzo o biscotto e gli oggetti possono in seguito essere decorati a secondo fuoco cuerda seca - smalti su grès. Come in precedenza accennato, i colori (smalti ceramici in polvere accuratamente impastati con acqua) sono arginati da un limite di manganese, la cuerda seca appunto, che dopo la cottura incornicerà le zone colorate dando luogo a splendidi disegni geometrici o figurativi dal forte effetto rilievo. I motivi ornamentali sono creati con disegni a forme chiuse delineate da un tratto spesso che separa le aree di colore, con un effetto che ricorda le vetrate Tiffany o quei dipinti su seta ottenuti con il metodo della gutta. Nella tecnica poi, c'è poi una magia del colore che affascina in modo diverso ognuno di noi e che sprigiona reazioni dissimili, ed energie dal ritmo di volta in volta diverso. Per un'artista poi, ancor più, il colore è mezzo espressivo e strumento di lavoro.
NOTA STORICA
NOTA STORICA
Questa tecnica di smaltatura a pennello fu inventata dagli Arabi i quali, dopo l'invasione della Spagna, cercarono di imitare la tecnica dell’”alicatado” dei mosaici tradizionali formati da migliaia di pietre di colore diverso e impossibile da trasportare oltre mare. Questa forma espressiva, ancora praticata nel Nord Africa, è molto complicata e richiede tempo e manodopera esperta. Si tratta di rompere con l’uso di tenaglie (chiamate in spagnolo “alicates”) lastre di ceramica in tinta unita cercando di ottenere tessere di mosaico di forme e dimensioni uguali che composte in pannelli vengono poi montate sui muri. Questa tecnica è stata usata anche dal grande architetto catalano Gaudì per decorare l’esterno dei suoi edifici, usando però cocci irregolari di maiolica. La tecnica della “cuerda seca” fu un modo per semplificare la decorazione mantenendo però i motivi degli alicatados.
In Persia, una copia di piastrella, frammento di un più ampio pannello, databile all’epoca safavide (1501-1732), testimonia l’ampio impiego, durante questa epoca, delle decorazioni ceramiche per abbellimento delle sontuose residenze dei principi.
Nei palazzi di Isfahan (capitale del regno safavide dal 1559) le piastrelle in cuerda seca formavano in generale dei quadri i cui disegni venivano probabilmente forniti da pittori di corte. Esempi di felici risultati dell’applicazione della “nuova” tecnica risalenti a quell’epoca sono osservabili al Museo d’Arte Orientale. In queste prime opere è manifestata la maestria tecnica raggiunta nella difficile cottura di queste ceramiche che, eccezionalmente per quei tempi, arrivano a contenere fino a sette colori.
Nei palazzi di Isfahan (capitale del regno safavide dal 1559) le piastrelle in cuerda seca formavano in generale dei quadri i cui disegni venivano probabilmente forniti da pittori di corte. Esempi di felici risultati dell’applicazione della “nuova” tecnica risalenti a quell’epoca sono osservabili al Museo d’Arte Orientale. In queste prime opere è manifestata la maestria tecnica raggiunta nella difficile cottura di queste ceramiche che, eccezionalmente per quei tempi, arrivano a contenere fino a sette colori.
Anticamente la tecnica della “cuerda seca” consisteva nel tracciare il disegno con una corda impregnata di pece, che bruciando durante la seconda cottura, lasciava un solco nero intorno alle varie zone di colore, mentre gli smalti e la vetrina vetrificavano, rimanendo separati da quelle sottili strisce lasciate dalla sostanza organica arsa. Alcuni esempi di queste mattonelle, purtroppo in cattivo stato, si possono ancora vedere nelle scale del palazzo Doria in piazza S.Matteo a Genova, mentre a Lucca questo tipo di ceramica è rappresentato da un unico esemplare che decorava la facciata di S. Michele di Castello, databile all`XI secolo e proveniente dalla Spagna meridionale.
Oggi al posto della corda si usa un amalgama metallico composto da piombo, rame e manganese, più pratico da gestire, che permette di ottenere disegni più elaborati. Si è arricchita anche la gamma di tonalità degli smalti e delle cristalline. Dai decori dalle forme essenziali e dai pochi colori delle tradizionali piastrelle delle origini, si è così arrivati alla produzione di interi murales, con scene anche molto complesse, che non hanno perso tuttavia il fascino naif del leggendario passato da cui derivano.
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